Diciamoci la verità abbiamo tutti almeno una maestra o un maestro da ringraziare. Non necessariamente per una cosa bella, ma anche per un ricordo meno piacevole… in genere una forma di gratitudine la si può spesso sperimentare in merito alla nostra formazione scolastica.

Io ho poca memoria degli anni in cui ero piccolo, ma tra i pochi ricordi uno lo rammento particolarmente bene…

Un ricordo indelebile

 

La maestra stava consegnando i temi svolti, chiamava ad uno ad uno gli alunni alla cattedra e leggeva il voto spiegando gli errori alla classe…

: ” Stefano forza leggi… ” li per li non capivo, ero molto timido in quegli anni, pochi secondi dopo mi fu tutto chiaro… La maestra voleva che io leggessi il mio tema davanti alla classe.

Sapete perchè?

Martina, la mia bimba mentre scrive la sua letterina a babbo Natale

Non riusciva a leggere la mia scrittura…

In quel momento mi tremavano le gambe, oscillavo tra il terrore e il riso isterico, perché naturalmente la classe esplodeva di ghigni e risate e io freneticamente passavo dal timore reverenziale della maestra, al sentirmi propiziatore del divertimento dei miei compagni.

Comunque ci provai, iniziai a leggere… ma… faticavo anche io a capire, mi inceppavo e in più di una parola, non riuscivo a leggere nemmeno io cosa avessi scritto nel mio tema!!!

Risultato: “ Inclassificabile” breve predica alla cattedra e me ne torno al posto.

Non dimenticherò mai quel momento.

Dunque il mio grazie a quella maestra non è a dire il vero un grazie di aiuto ricevuto, ma oggi è un grazie di consapevolezza, che mi ha permesso di capire molte cose, grazie anche a quello che sono diventato, e alle cose che ho conosciuto nel mio percorso di formazione fino ad oggi.

Faccio l ‘osteopata come sapete ma un po’ ” fuori dagli schemi” visto che in ogni anfratto, dove posso trovare cultura e spunti per propiziare e divulgare qualche preziosa goccia di “salute”, non perdo occasione.

Devo aggiungere a sostegno dell’ episodio, che la maestra era una buona maestra, anche molto affettuosa con i suoi alunni, naturalmente senza il bagaglio conoscitivo in merito alle neuroscienze attuali di oggi, di cui vi voglio raccontare.

Correva l’anno…

Io davvero avevo, e ho tutt’ora, una calligrafia pessima, faticavo un sacco a scrivere, mi affaticavo tanto, sempre da scegliere di fare i temi direttamente in bella perché per la ricopiatura impiegavo troppo tempo e fatica.

Però vi assicuro che quando la maestra riusciva a leggerli, i miei tempi erano molto belli! :)

Oggi il bambino Stefano che negli anni 80 non riusciva a leggere la sua scrittura come minimo avrebbe una bella diagnosi con scritto “Bambino disgrafico” .

Sgombriamo il campo da giudizi, almeno i miei, non era meglio ieri e non è meglio oggi, il meglio c’è sempre quando si capisce realmente come aiutare un bambino.

Probabilmente prima si era davvero affidati solo alle intuizioni e alle doti umane delle maestre e maestri, tra i vantaggi del tempo probabilmente c’era una più alta collaborazione con le famiglie, una freschezza pedagogica più solida degli insegnanti e non di poco conto, un tempo scolastico più ridotto, ovvero le esperienze dei bambini erano molto più variegate e nutrite da momenti di formazione ed educazione, favorite da momenti di vita sociale tra bambini.

Tra coetanei e anche con i bambini più grandi dai quali si subiva un tot di ” cattiverie” ma a cui si rubava scaltrezza e capacità di comportamento, che mediate dall’educazione famigliare spaziavano da: “quella cosa la voglio fare anche io, ci provo! …quella cosa è da “cattivi” non è giusto farla… non la farò mai etc etc… senza contare poi le ore di gioco libero e auto organizzato.

 

 

 

Ieri era ieri ma è oggi che conta…

C’è però una cosa a cui non possiamo sottrarci, ovvero la responsabilità della conoscenza.

Oggi sappiamo tanto su come funzionano i meccanismi di apprendimento, sappiamo molto di più come fare per aiutare e sostenere i bambini con qualche difficoltà scolastica, dunque è nostro dovere cercare di agevolarli.

Ora parlo da genitore, perché la stessa responsabilità deve essere riportata proprio anche a noi, mamme e papà. Nessuno ci forma purtroppo, tuttavia il ruolo educativo nel momento in cui lo accettiamo consapevolmente va nutrito, cercando di aggiornare il nostro database così da arricchirlo e aggiornarlo, rispetto al solo corredo lasciatoci dalle nostre esperienze, e da quelle tramandate da rispettivi genitori e nonni.

Mentre alle maestre di oggi, alle quali dobbiamo manifestare il massimo del nostro sostegno, possiamo dare meno attenuanti, la formazione e l’aggiornamento sono essenziali per affrontare le numerose problematiche che la scuola di oggi porta con se.

Quello che voglio raccontare è cosa si sà oggi in merito di strategie educative, applicabili in primis per alleviare le fatiche dei bambini. Ma attenzione non le “fatiche” di apprendimento, ma le fatiche al “normale” apprendimento.

Torniamo al mio esempio, è uno solo ed è personale, ma lo scopo è capire il concetto che voglio esprimere, vi darò dettagli e indirizzi per approfondire.

La mia difficoltà era oggettiva, non scelta, non un capriccio, e nemmeno una pigrizia, era un pò come quando prendete una storta alla caviglia, per alcuni giorni su quel piede il vostro equilibrio sarà alterato, più difficoltoso, vi stancherete prima. C’è un evidente bisogno di una fase rieducativa!

Il gesto della scrittura è una funzione molto articolata, comporta la prensione della mano, il ritmo, coinvolge la vista, la coordinazione occhio mano, e addirittura il respiro, avrei dovuto essere aiutato a rieducare il gesto ( oggi se scrivo a mano scrivo solo in stampatello, male e a fatica, la verità è che in corsivo oggi non so più scrivere!).

Da quella maestra forse oggi non ci possiamo aspettare la competenza nella rieducazione del gesto, questo forse no, ma il riconoscerne una difficoltà e una ” sofferenza” associata si.

Qui entra a gamba tesa la fondamentale importanza delle nostre emozioni!

L’emozione di apprendere

Attenzione oggi sappiamo con chiarezza che l’ emozione associata ad un gesto o ad un apprendimento restano per sempre!

Cosa voglio dire:

” Stefano vieni,… ho notato che quando scrivi fai un po’ fatica è vero?… proviamo a leggere insieme il tuo tema, vedi qui all’ inizio si legge e si capisce bene quello che hai scritto… mentre qui io non riesco a capire, tu riesci?…. cosa ne pensi se proviamo insieme la prossima volta a trovare un modo diverso?… magari fai caso quando la mano si stanca un po’, mi chiami così ti fermi un’ attimo, mi fai leggere cosa hai ascritto, io controllo se si capisce e tu riposi un po’ prima di riprendere a scrivere…”

Nel dire queste cose la maestra osserva il bambino negli occhi, attende il suo annuire e ne consolida con un sorriso la condivisione della nuova strategia. Non avete idea della potenzia rivoluzionaria che c’è nell’incrocio dello sguardo, e nel sorriso che ammicca il bambino che la guarda. Un’esplosione di neurotrasmettitori, un vero e proprio imprinting emozionale!

Cosa sarebbe successo in questo caso? Non lo sappiamo, ma quello che sappiamo è che un atteggiamento simile della maestra permette al bambino di associare alla difficoltà un clima di fiducia, nel cervello si genera ossitocina, lo stesso ormone che si libera durante 20 secondi di abbraccio e che pensate un po’ è così potente da riuscire far abbassare la pressione del sangue.

Un segnale che si scolpisce nella mente di quel bambino è: quando faccio fatica posso trovare una soluzione, un’ aiuto, il superamento di un errore diventa quasi una curiosità, una nuova via.

Il momento di difficoltà in tutti noi genera stress ed è giusto così, è naturale, il problema è la risposta che attuiamo, la risposta che generiamo per gestire lo stress.

Un giudizio in un momento di difficoltà segna e rimarca l’esperienza emotiva, se o mi si sgrida, o mi si giudica, quando il massimo che posso fare è quello, il rischio è di instaurare un’esperienza di svalutazione, paura, preoccupazione ed ansia.

Un’ emozione di apprendimento appresa da bambini è per sempre!

Adesso fate un salto quantico, andate con la mente all’ università, ad un colloquio di lavoro, alla riunione condominiale.

Insomma andate con la mente in una situazione dove vi siete trovati sotto stress, il modo come reagite è lo stesso che avete appreso al comparire delle vostre difficoltà nella fasi di apprendimento della vostra infanzia!

Vi siete mai chiesti perché la sera prima dell’esame della patente non avete chiuso occhio, e il vostro miglior amico, vi racconta che è uscito a bere birra e ha dormito serenamente la stessa sera prima?

Oggi sappiamo che tutti questi meccanismi sono dipendenti dalle nostre emozioni, o meglio sono dipendenti dalle nostre esperienze emotive associate alla stimolazione di stress, di apprendimento. Vale la stessa cosa per l’andare in bicicletta, se la mamma alla prima caduta si spaventa e vi sgrida perché preoccupata per il male che potevate farvi, su quella bici anche da grandi non sarete mai sicuri.

Aiutiamo le maestre.

Consigli di lettura per approfondire…

” Cinque lezioni leggere sull’emozione di apprendere” Daniela Lucangeli.

“Il piacere di imparare e di insegnare” Angelica Moè”